E’ di questi giorni la notizia della richiesta da parte di Coca Cola Company di far chiudere il sito cocacolla.it per varie violazioni in tema di proprietà industriale. La reazione della rete è stata veemente, da un semplice #supportcocacolla su twitter ad inviti al boicottaggio verso i prodotti del gigante Americano.
Ho preso ad esempio questo caso per trarre alcune considerazioni in tema di strategie di brand protection e di strategia del gestione del sito web, nonchè per evidenziare alcuni errori tipici di business che nascono dalla rete partendo da progetti amatoriali ma che poi, grazie alla bravura dei gestori e grazie alla spinta della community, crescono in maniera scomposta. Questo essere borderline rende vulnerabili progetti davvero pregevoli a causa di banalità facilmente evitabili.
Tralascio le questioni meramente legali su cui molti altri hanno già scritto, analizzando esclusivamente questioni tecniche e di opportunità cercando di isolare i fatti dal resto.
Cocacolla…ma chi sei?
Innanzitutto per inquadrare il problema bisognerebbe capire cos’è o chi è CocaColla.it.
Il dominio cocacolla.it, secondo il whois italiano è registrato (alla data in cui questo articolo viene scritto) a nome di un privato.
Nonostante il blog si autodefinisca: “….un daily-blog focalizzato sul design, l’estetica contemporanea e sulle culture di strada, diretto agli appassionati di arti creative” , attraverso il sito web cocacolla.it alla URL ( http://www.cocacolla.it/doc/media-kit-2011.pdf ) si può evincere che cocacolla.it offra servizi pubblicitari. Nessun riferimento ad informazioni minime su chi è il soggetto offerente, nessuna partita IVA o codice fiscale in homepage, nessuna ragione sociale, nessun riferimento (eventualmente) a concessionarie di pubblicità. Tutte informazioni minime e necessarie su ogni sito web che si rispetti, senza considerare che se il sito appartenesse ad una società di capitali, l’obbligo informativo sarebbe ancora più esteso. A che titolo quindi questi servizi vengono resi? Chi li offre? Chi garantisce? Quale ricaduta in termini di credibilità può avere un sito così mancante dal punto di vista informativo?
Rispetto alla richiesta di Coca Cola Company, non è così secondario capire se il nome a dominio (e il marchio che si apprestavano a registrare i proprietari del sito) sia di proprietà di un privato o di una organizzazione commerciale, come ben specificato in questo chiarissimo e apprezzabilissimo articolo dell’Avv. Augenti “Io non bevo coca colla” in quanto le tutele previste dal nostro codice della proprietà industriale sono diverse proprio in base alla natura del soggetto che usa quel segno distintivo.
Form che non informano
Da una rapida surfata, l’immissione di dati all’interno del sito web cocacolla.it non porta informative sul trattamento di dati, di nessun tipo. Nessuna accettazione di policies, nessuna indicazione di chi tratta i dati. Mi chiedo se la mancanza sia dovuta a semplice pigrizia o all’uso di uno strumento “non localizzato” di Content Management. Un business affidabile a mio parere non può prescindere dal comunicare con lealtà e con autorevolezza chi gestisce i dati…e come.
Ti piace vincere facile?
Il web come un Eldorado non è più attuale per le aziende. Adempimenti, informazioni e procedure obbligatorie, sono sì un fastidioso (e costoso) sovraelemento, ma sono anche assolutamente irrinunciabili per distinguersi e per comunicare serietà, correttezza in un mondo, quello del web, in cui l’affidabilità dei siti e la riconoscibilità degli attori gioca un ruolo chiave. Il rispetto della forma è anche un modo semplice per tutelare il proprio business: cocacolla.it dovrà ora cambiare nome, pelle, immagine, sito web; quanta fatica sprecata… per cominciare di nuovo 🙂
..Ma il brand?
Dubito che cocacolla.it sarebbe stato così riconoscibile e così famoso sciegliendo un nome a dominio diverso, parimenti non capisco quale convenienza abbia CocaCola Company a far chiudere un sito web chiaramente non in concorrenza con la casa produttrice della amata bibita. A subirne le conseguenze sarà sicuramente il brand. Un sito che cambia nome, ma anche molte lattine in meno.